Il 2 giugno 1975, un centinaio di sex worker occuparono la chiesa di Saint-Nizier a Lione per rispondere alla violenza esercitata dalla polizia, che le aveva costrette a vivere in situazioni di vulnerabilità ed insicurezza. Durante l’occupazione, durata otto giorni, chiesero la fine delle molestie, delle multe e della persecuzione poliziesca, ricevendo il sostegno di femministe e organizzazioni sindacali.
Un’occupazione che porta con sé un forte valore simbolico, cento puttane che hanno ibridato lo spazio del sacro; un posto notoriamente attraversato da beate vergini, puritane e benpensanti è stato calpestato da quelle che erano definite “le maddalene”. Non hanno solo occupato la chiesa. Loro, che da sempre sono state considerate paradigma del peccato, hanno risemantizzato lo spazio sacro, salendo LORO questa volta sui pulpiti e ammonendo e sanzionando gli abusi polizieschi. È come se si fossero rivoltx a tutte quelle persone che avrebbero voluto salvarle da loro stesse, e da un lavoro che non ritenevano legittimo e gli avessero detto: “Volete salvarci? Ok, salvateci, ma dalla polizia”. Un gesto così forte da essere riverberato anche dall sex worker di Parigi, Marsiglia, Grenoble, Montpellier, e che, oggi, è ricordato e celebrato in tutto il mondo come “International Whores’ Day”.
Ad anni di distanza da quel giorno, non possiamo dire che ci sia stata una diminuzione degli abusi e delle violenze esercitate nei confronti delle sex worker, che sono da sempre considerate vittime di loro stesse e giudicate per le scelte che compiono, nonché offese ed umiliate perché hanno scelto di abdicare ad un ruolo di genere che le voleva caste, devote e irreprensibili.
Durante la pandemia è stato riportato in auge lo stigma dell’untrice, senza una riflessione su quali fossero le reali possibilità di sopravvivenza per una sex worker senza alcun aiuto statale. Questo è solo un esempio di quanta strada ci sia ancora da fare per il riconoscimento dei diritti delle sex worker, ma, soprattutto, per un cambio culturale che punti alla destigmatizzazione del lavoro sessuale.
Giugno è il mese del Pride nato dai moti di Stonewall da una donna trans, nera, bisessuale, HIV+, sex worker che si ribellò alla violenza subita dalla sua comunità ed è anche il mese in cui fu occupata una chiesa da 100 lavoratrici sessuali. È importante ricordarlo, non solo per tracciare le genealogie delle nostre lotte, ma per ricordarci che abbiamo la possibilità di riappropriarci di un potere che ci è stato sottratto e di opporci ad un sistema che non ci rappresenta, ci marginalizza e occasionalmente ci strumentalizza per il proprio profitto. Giugno è il mese del Pride, della fierezza non solo di avere rapporti sessuo- affettivi con chi vogliamo, ma anche di compiere scelte per noi stesse in piena autodeterminazione, l’orgoglio di essere puttane.
Per citare Grisélidis Réal: “Noi le puttane che rifiutano di essere sfruttate dal vostro sistema, noi faremo la rivoluzione sui marciapiedi, nei commissariati, nelle prigioni, nei ministeri, nelle università, negli ospedali, dappertutto. Faremo saltare tutti quei vecchi busti accademici”
Che sia l’occupazione di una chiesa, un mattone, una scarpa o una bottiglia che vola non importa, ma LA PRIMA VOLTA FU RIVOLTA!
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ANNA D’AMARO
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