Letture in Transito, è un’iniziativa nata dalla collaborazione tra Arca di Noè e le associazioni Arcigay Il CasseroMovimento Identità Trans MITIl Grande Colibrì.  L’iniziativa è stata promossa anche da ASP Città di Bologna  ed è finanziata dal SIPROIMI/SAI. Una serie di cinque incontri di lettura condotti dalla biblioterapista Giulia De Rocco, per conoscere le storie delle soggettività LGBTQIA+ e i Paesi d’origine dei migranti.

Acquadolce è uno dei più bei romanzi che abbia mai letto. Un romanzo con battute e parole strane. Ho provato a leggerlo in inglese, in italiano e persino in arabo traducendo alcune delle parole che mi hanno più colpito.

Ho provato spesso ad interrogarmi sulle sensazioni ed emozioni che questo romanzo mi ha provocato, e mi sono chiesto: è il romanzo in sé? è il modo in cui le frasi scivolano sulle pagine? o è perché mi sono sentito come se stesse parlando di me. é forse per questo motivo che mi ha toccato così profondamente? Penso sia un romanzo eccentrico; inizialmente pensavo fosse confuso ma poi la sua ambiguità, talvolta estenuante, e la curiosità, mi hanno fatto resistere fino alla fine. 261 pagine in cui ho urlato, mi sono arrabbiato, commosso, a volte ho anche pensato di gettare via il romanzo, e non sono ancora in grado di consapevolizzare le motivazioni per cui mi ha così colpito, probabilmente mi ha solo fatto ricordare alcune storie folkloristiche della tradizione berbera a cui sono molto affezionato.  Acquadolce è un cocktail di genere, spiritualità, fede, religione tradizionale e resistente,  di amore, shock e verità, e  nello stesso tempo è una di quelle storie della tradizione orale raccontate dalle nostre nonne su mostri e dei. La narrazione oscilla tra gli ogbanji collettivi che si riferiscono a se stessi come “Noi” e Asughara, con solo tre passaggi narrati da Ada stessa. Ho lottato con i primi capitoli, narrati da due degli ogbanje insieme, una narrazione un po’ goffa in alcuni punti,  in cui Emezi deve chiarire esattamente quale “noi” sono.  Una lettura cocente e lirica sul trauma, sulla spiritualità e la scoperta di te stessə. La narrazione segue Ada dalla sua nascita in Nigeria fino a circa trent’anni, alle prese con amore, dolore e perdita, in cui non è mai solx ma è sempre accompagnata da un coro di spiriti nella sua testa. Emezi nella sua narrazione esplora antichi argomenti filosofici, attuali e temi della cultura come la moralità, l’autolesionismo e il significato del genere senza voler irrompere con violenza nella lettura del lettore. L’autricə mette in dubbio i concetti di follia e divinità.La narrazione è alternata tra gli spiriti e, occasionalmente, la stessa Ada. Gli spiriti sono ogbanje, reincarnazioni malevole secondo la religione Igbo.

Le ọgbanje sono sia maschi che femmine, singoli e plurali, spirito e carne, mortali e immortali, pericolosi e vitali. La morte può essere anche una resurrezione. Anche Ada percorre questo spazio liminale, rifiuta l’imposizione del binarismo, esplora la sua sessualità con uomini e donne, si lega i seni e subisce un intervento chirurgico di riassegnazione di genere.  Man mano che gli eventi si verificano, raramente in ordine cronologico,  i diversi spiriti emergono e si ritraggono. Che tu creda o meno nella reincarnazione, sono un dispositivo intelligente per esplorare i molteplici sé di Ada e tutte le sue parti composite. Ci sono alcuni momenti meravigliosi e taglienti in cui gli ogbanji creano sacche di memoria isolate per preservare Ada, perché spesso è meglio non avere un ricordo completo ma solo dei frammenti parziali. In effetti, il fatto che le nostre esperienze ci plasmino e ci cambino costantemente è ciò di cui il libro tratta in modo più potente, attraverso il prisma vivido, surreale ma in definitiva convincente di un mondo spirituale.

Come lettore di origini non occidentali, sono stato molto attratto da questo romanzo nei suoi dettagli complessi e misteriosi. Penso che lə scrittricə stesse cercando di attirare la nostra attenzione su ciò che c’è di più profondo nella storia di Ada, e credo che superi il concetto di spiritualità lgbo, ma che sia stato un espediente narrativo usato da Emezi per fornire una nuova posizione sulla malattia mentale, che rappresenti un importante allontanamento dalle concezioni pregiudizievoli sulla stessa.

 L’eredità del colonialismo riemerge nella società moderna attraverso il binarismo cartesiano, sia che si tratti di sesso, genere, disabilità, diversità e/o classe. Quando parliamo di salute mentale, la maggior parte di noi la concettualizza nel binarismo religione/scienza. Emezi in Acquadolce palesa la limitatezza (se non l’irrilevanza) di tale binarismo, ritenendo che entrambe le spiegazioni siano inadeguate. Trovare conforto nella mitologia “ogbanje” conferisce valore alle esperienze di coloro che si sentono plurali, consentendo loro di accettare la molteplicità che incarnano, stigmatizzata invece nel mondo occidentale.    Emezi era impenitentemente se stessə in questo romanzo, ricordando al pubblico moderno che credere nelle entità spirituali e adottare l’epistemologia non occidentale per far luce sulle proprie esperienze vissute non è poco intelligente o folle, rifiutando di piacere a chiunque, di adattarsi a una categoria o di essere inseriti nel sistema binario della società occidentale.  Acquadolce è un romanzo davvero interessante e stimolante, una critica arguta alla superficialità e supponenza con cui ci si confronta con i sistemi culturali e credenze altrui, i quali non vengono accolti, ma stigmatizzati e relegati nella sfera della superstizione.

Rue de Berne, numero 39, di Max LobeRagazza, donna, altro di Bernardine Evaristo sono stati gli oggetti del primo e il secondo incontro del gruppo Letture in transito.

                                                                                                                                                                                                             Mazen Masoud               

                                                                                                                                                                                                                             Immagini:Lavinia  Cultrera                                                                                                                                                                                                                                                                                            

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